Vivere Meglio

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"MENTE SERENA" N. 8

Un percorso per conoscere se stessi e gli altri

Sommario percorso

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L'ENERGIA up.jpg

Tutto ciò che ci circonda non è altro che la manifestazione di qualche tipo di energia. Anche ciò che appare solido ai nostri sensi non è altro che energia anche se ci sembra assolutamente stabile nella sua forma. Il calore, i suoni, i nostri pensieri, l'elettricità, gli istinti, le emozioni, e tutto ciò che ci circonda, è null'altro che energia manifestata in forme diverse.

Questo fatto è dimostrato anche dagli studi della fisica moderna: basta pensare che gli atomi sono in continua vibrazione per il moto degli elettroni attorno al nucleo e dalla trasformazione, enunciata da Einstein, per cui l'energia può trasformarsi in massa e vice versa. Pertanto dovremmo considerare tutto ciò che cade sotto i nostri sensi, compreso il nostro corpo, come formato un insieme di cariche energetiche in continuo movimento.

Ogni problema che ci affligge, sia esso di natura fisica, emotiva, o mentale, dovrebbe perciò essere considerato come una disarmonia nella distribuzione e nella circolazione dell'energia vitale (chiamata "prana" dagli Indù). In questa e nelle prossime lettere prenderemo in considerazione le molteplici cause che possono creare questa disarmonia e, di conseguenza, disturbi vari e malattie. Cercheremo inoltre di trovare i rimedi più opportuni al fine di ricreare l'originaria armonia.

La sopravvivenza up.jpg

Nell'universo che ci circonda è facile riconoscere la materia, lo spazio ed il tempo. Essi sono tangibili e nessuno ne metterà mai in dubbio l'esistenza. Esiste però qualcosa che non si vede e che comunque è presente in tutto l'universo: la Vita o "soffio vitale" che anima tutte le creature viventi.

La Vita, per potersi manifestare, necessita una forma vegetale, animale o umana che sia. La vita, perciò, è continuamente al lavoro per modificare ed organizzare la materia con cui crea delle forme in cui "abita" fintanto che esse non sono più valide, a quel punto la vita si ritira e la forma si distrugge, mentre le sostanze che la componevano ritornano nel loro stato primitivo. Vi è pertanto una evoluzione della vita fatta a spese della forma la quale, d'altro canto, diventa sempre più perfezionata.

"Se la lotta per l'esistenza è la necessità primaria dell'organismo vivente - dice J. Hadfield - la perfezione è la sua meta finale. Vale a dire, lo stimolo alla perfezione è la principale forza motrice della vita; le mire e gli ideali sono i mezzi mediante i quali l'uomo cerca di raggiungere tale perfezione..."

La vita, nelle sue molteplici espressioni, dimostra uno notevolissima intelligenza, "Lo stesso atomo minerale - dice Edison - sembra possedere una certa quantità di intelligenza primigenia. Basta osservare le migliaia di modi con cui gli atomi di idrogeno si combinano con quelli di altri elementi, formando le più diverse combinazioni. Come è possibile affermare che essi facciano tutto questo senza intelligenza?".

LA COSCIENZA up.jpg

... Coscienza e Vita sono identiche, due nomi per una cosa sola, secondo che viene osservata dall'interno o dall'esterno. Non vi è vita senza coscienza, non vi è coscienza senza vita (Alice Bailey).

La Coscienza, è lo strumento con cui la vita riesce a far sopravvivere tutte le creature viventi, in quanto permette loro di rendersi conto di due sensazioni fondamentali: il "piacere" ed il "dolore".

Mentre la coscienza permette ad una creatura di rendersi conto di quello che sta succedendo, la sua intelligenza elabora i mezzi più idonei per avvicinarsi a ciò che favorisce la sopravvivenza (piacere) e fuggire o difendersi da ciò che la ostacola (dolore). Già nelle forme microscopiche di vita (virus, germi, batteri, ecc.), vediamo la coppia coscienza-intelligenza (detta anche "istinto") al lavoro; fatto che crea non pochi problemi ai ricercatori che, cercando il mezzo per eliminarne alcuni tipi, sperano di trovarlo e così risolvere alcuni tipi di malattie.

La coscienza, per mezzo dei sensi, ci permette di contattare il mondo circostante e di conoscere ciò che vi accade. Nei primi anni di vita la nostra coscienza è centrata sul corpo e sulle sensazioni che esso prova. Poi, con il passare degli anni, essa si amplia e ci consente anche di conoscere cosa avviene nel nostro mondo psichico (emozioni, pensieri, immaginazione, ecc.), finché arriva al punto di renderci consapevoli della distinzione esistente tra noi ed il mondo circostante prendendo il nome di "Autocoscienza". Questo è il livello coscienziale della maggior parte dell'umanità attuale.

Ad un livello superiore si raggiunge la "coscienza di esistere come una unità separata", ovvero si vive restando spettatori del mondo, e dei propri strumenti (corpo, pensieri ed emozioni).

Un livello ancora più alto di coscienza, assai raro, permette di sentirsi parte del tutto che ci contiene (Dio) e comprendere pienamente il detto biblico: "In Lui noi siamo, viviamo, ed abbiamo il nostro essere".

Come si aumenta il livello di coscienza? up.jpg

La coscienza può essere considerata come una lampada che illumina una parte della casa; spostando la luce, infatti, non si accresce, né si espande, la luce presente nell'ambiente. Nello stesso modo, se spostiamo l'attenzione da una cosa all'altra, non espandiamo la nostra coscienza perché mentre osserviamo il nuovo non possiamo vedere il vecchio.

Pertanto, per aumentare il livello della coscienza, dobbiamo imparare a concentrarci e diventare consapevoli dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni. Forse non ce ne rendiamo conto ma la maggior parte delle nostre azioni sono automatiche e l'automatismo non porta certamente ad uno sviluppo della coscienza.

Un'interpretazione esoterica del peccato originale up.jpg

Rileggiamo un attimo alcuni versetti della Genesi, il libro iniziale della Bibbia.

"Poi il Signore Dio disse: 'Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile'... Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo... Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: 'Dove sei?'. Rispose: 'Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto'".

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I brani che abbiamo letto si riferiscono all'umanità che viveva nell'antico continente, ora scomparso, chiamato "Mù" o "Lemuria". A quei tempi l'uomo gestiva il suo corpo "da fuori" come il burattinaio gestisce il burattino. Infatti "tutti e due erano nudi... ma non ne provavano vergogna" e non avevano paura alcuna. Nessuno burattinaio, infatti, prova vergogna se il suo burattino è nudo oppure ha paura se questi dovesse trovarsi in pericolo.

Il peccato originale compare nel momento in cui l'uomo, proprio per la ricerca del piacere sessuale, inizia ad usare il sesso al di fuori dei momenti astrali propizi per la procreazione. Con questa decisione egli "entra" sempre di più nel suo corpo fino ad identificarsi con esso: momento in cui inizia ad aver paura e provare vergogna. La stessa cosa accadrebbe ad un burattinaio che entrasse nel suo nudo burattino, e si convincesse di essere il medesimo: proverebbe vergogna ed inizierebbe a temere per tutti i pericoli presenti nel mondo circostante.

Questa interpretazione del "peccato originale" trova conferma nella Cosmogonia dei Rosacroce, leggiamone alcuni brani:

"Il Lemuriano nulla sapeva della nascita del proprio corpo che non poteva vedere, come non poteva vedere nessun'altra cosa, ma percepiva la presenza dei suoi consimili... Egli non sapeva nulla del proprio corpo così come noi non sappiamo di avere uno stomaco quando questo è sano. Ci rendiamo conto della sua esistenza solo quando gli abusi ci causano dolori in quella zona del corpo.

Il Lemuriano non conosceva la morte perché quando nel corso di lunghi periodi il suo corpo l'abbandonava, egli entrava in un altro, pienamente inconscio del cambiamento. La sua coscienza non era concentrata nel Mondo Fisico, perciò il lasciare da parte un corpo e prenderne un altro, non era per lui un inconveniente più grave di quanto lo è per l'albero il cadere di una foglia o di un ramoscello secco, rimpiazzati da nuovi germogli."

L'uomo, a quel tempo, non era consapevole del Mondo Fisico come lo è ora durante il sonno. Era solamente durante il contatto intimo dei rapporti sessuali che il diventava conscio della carne e l'uomo "conosceva" la sua compagna.

Per moltissimi anni l'uomo aveva vissuto nella salute e nel benessere (vedi il Paradiso terrestre", n.d.r.); ma conobbe il male quando cominciò ad esercitare le funzioni creative al di fuori dei periodi indicati dalle influenze degli astri. La supposta maledizione di Dio non fu affatto una maledizione; ma una semplice constatazione dei danno che avrebbe subito il nascituro non essendo stato preso in considerazione l'effetto dei raggi stellari sulla gestazione e sul parto" (1).

Perciò la Chiesa dice bene quando relaziona il peccato originale all'uso sconsiderato delle forze generative.

L'apparato che ci fa sopravvivere (2) up.jpg

Fondamentalmente, tutti i meccanismi che aiutano un essere a sopravvivere si possono riassumere nella presenza di un apparato in grado di riconoscere le fonti di piacere e quelle di dolore, e quindi produrre dei movimenti atti ad avvicinare le prime e ad allontanarsi dalle seconde.

percezione => reazione => attività

In tutte le creature viventi, l'eventuale attività che nasce in risposta ad un segnale di pericolo è istintiva, automatica o reattiva, e non determinata da un ragionamento logico e razionale.

Anche nell'uomo, i momenti di pericolo per l'organismo, sono gestiti in modo istintivo dall'EMISFERO DESTRO DEL CERVELLO (vedi lettera n. 7). Infatti tutti noi, ritiriamo subito il dito quando ci capita di toccare una cosa che scotta; nessuno si ferma a valutare quanti gradi saranno, di che gravità sarà la scottatura che si sta formando, ecc.

LE EMOZIONI (2) up.jpg

Nell'uomo, l'apparato per la sopravvivenza è molto complesso e, oltre alle sensazione corporee, permette anche di percepire quelle psichiche (gioia, tristezza, ecc.), comunemente definite "emozioni".

La parola "emozione", deriva dal latino "ex-movere" che significa "creare movimento"; in effetti le emozioni creano un vero e proprio movimento di energia all'interno dell'organismo. Quelle negative (rabbia, paura, ecc.), possono procurare una complessa fenomenologia di reazioni organiche, che vanno dal brivido al tremito, dalle perturbazioni vasomotorie alla paralisi delle gambe.

Le emozioni possono nascere a causa di pensieri, ricordi o immaginazioni. Generalmente una emozione insorge in modo del tutto irrazionale, involontario e improvviso. Per questo, e per il turbamento che talvolta provoca in tutta la sfera psichica, è stata definita dal Devaux e Logre una specie di "choc psichico", più o meno acuto.

Ogni emozione spiacevole rappresenta una minaccia per la sopravvivenza e pertanto crea le condizioni organiche più adatte per la lotta o la fuga. Per questo motivo provoca la secrezione di adrenalina dalle capsule surrenali e la stimolazione del sistema nervoso autonomo, con conseguente influenza sul cuore, sull'apparato respiratorio e su altre funzioni viscerali.

Ogni emozione rappresenta un fenomeno a sé stante, benché possa venire influenzata da reazioni mentali ed organiche. Si possono avere emozioni di gioia, di collera, di paura, di angoscia, di sorpresa, d'inquietudine e così via. Esse sono sul piano psichico quello che i colori sono sul piano della luce.

Esiste un'infinita gamma di emozioni di cui è assai complesso precisare le variazioni e farne una classificazione. Possiamo comunque tentare di catalogarle in due grandi famiglie:

  • PIACEVOLI: gioia, allegria, entusiasmo, euforia, felicità, letizia, ecc.
  • SPIACEVOLI: paura, sorpresa, agitazione, ansia, angoscia, inquietudine, collera, tristezza, ecc.

Le emozioni piacevoli danno un senso di vigore ed euforia, quelle spiacevoli tendono a deprimere ed abbassano anche il livello della vita organica, portando sensazioni di stanchezza ed abbattimento.

La caratteristica principale delle emozioni è quella di essere poco durevoli perché rappresentano un movimento della sostanza emotiva (corpo astrale, n.d.r.). Sono anche completamente irrazionali e scompaiono senza lasciare traccia nella memoria razionale tanto che è quasi impossibile ripeterle a volontà.

"Esse, comunque, quando sono spiacevoli ed intense, vengono registrate nella memoria subconscia (emisfero destro del cervello), da cui possono affiorare mediante un'opportuno trattamento terapeutico" (n.d.r.).

Non tutti vivono le emozioni nello stesso modo (3) up.jpg

Una data emozione non è identica per tutti, esiste infatti una costituzione emotiva individuale, determinabile dall'intensità in cui si prova l'emozione e dalla durata della medesima. Lo stesso stimolo può lasciare indifferenti alcuni e mandare in angoscia altri. Appare comunque certo che la mente esercita un grande peso sull'emotività di una persona, in quanto l'emozione ed il pensiero non possono essere scissi in modo netto e preciso.

A volte una un'emozione può costituire lo stimolo iniziale per determinate possibilità inventive o fornire l'energia per il raggiungimento di una scopo. Altre volte, invece, può paralizzare l'attività di una persona sia a livello fisico che mentale.

Le emozioni ci condizionano (4) up.jpg

Se chiedessimo a molte persone, di ogni ceto sociale, di dirci se usano la mente per risolvere le loro vicende quotidiane, avremmo senza dubbio una risposta positiva. Ma, invece, sono davvero in pochi coloro che sono capaci di tirare delle conclusioni senza essere coinvolti dalle emozioni. Infatti in questi casi sono i sentimenti e i desideri che, il più delle volte inconsciamente, fanno arrivare ad una data conclusione piuttosto che ad un'altra.

Noi approviamo, ad esempio, l'operato dei nostri simili che ci piacciono di più. Nelle persone e nelle cose troviamo quello che coscientemente o incoscientemente "sentiamo" di vedere. Se qualcuno o qualcosa non ci riesce simpatico, siamo capaci di trovare mille difetti, se al contrario ci riesce simpatico troviamo qualità ammirevoli là dove vi sono invece appariscenti imperfezioni...

La massa dell'umanità, attualmente, usa ben poco la discriminazione proveniente da un ragionamento puramente mentale privo di coinvolgimenti emotivi.

Il discernimento (5) up.jpg

Infinite volte l'aspirante spirituale è posto dinanzi al problema della scelta, e della saggia distinzione ed è solo il discernimento che l'aiuta a giungere ad una soluzione retta e giusta.

Anche nel campo delle conoscenze spirituali è sommamente necessario usare il discernimento, per poter selezionare le cose vere e utili in mezzo alle altre che non sempre sono vere, oppure che non sono essenziali. Il discernimento ci salva dalla fanatica e cieca accettazione delle parole, degli insegnamenti e degli scritti con cui veniamo a contatto, e ci dà la facoltà di saper distinguere il filone di oro puro. In mezzo alle cose illusorie e errate, ci dà il potere di trovare la Verità dietro alle sovrastrutture e alle superstizioni...

Elena P. Blavatsky nella Dottrina Segreta (Vol. III pag. 401, ed. inglese) scrive: "Il Signore Buddha ha detto che non dobbiamo credere in una cosa semplicemente perchè è stata detta; non alle tradizioni, perchè sono state tramandate fin dall'antichità; non alle dicerie, come tali; non agli scritti dei Saggi, solo perchè essi ne sono gli autori... non nella sola autorità dei nostri istruttori e maestri. Dobbiamo credere soltanto quando scritti o dottrine o detti vengono corroborati dalla nostra ragione e dalla nostra coscienza".

Per l'aspirante ad una vita spirituale, la facoltà del discernimento diventa indispensabile quando comincia a servire. Vi è il problema della scelta della via di servizio da seguire, il problema del metodo da usare, il problema del momento opportuno per agire... Tutti questi problemi inerenti al servizio, possono essere risolti solo con l'uso del discernimento.

Non vi può essere vero servizio senza il discernimento up.jpg

Nel libro: "Lettere sulla Meditazione Occulta", è ben chiarito l'atteggiamento di chi usa il discernimento nel servizio; leggiamo infatti:

"Serve con discernimento colui che saggiamente si rende conto del proprio posto, grande o piccolo che sia nello schema generale, che sa calcolare seriamente le sue capacità mentali e intellettuali, il suo calibro emozionale e le sue doti fisiche, e che poi con la somma totale di tutto ciò si dedica ad eseguire il suo compito.

Serve con discernimento colui che giudica con l'aiuto del suo Sé Superiore e del Maestro, quale sia la natura e la portata del problema da risolvere, e non è guidato dai suggerimenti, dalle richieste e domande ben intenzionate, ma spesso errate dei suo compagni.

Serve con discernimento colui che ha il senso del tempo nel l'azione..., e che saggiamente adatta le sue capacità al tempo a sua disposizione (6).

Nel servizio quindi la facoltà del discernimento è fondamentale, poichè senza di esso corriamo il rischio di fare più male, che bene, di sperperare inutilmente le nostre energie, e di commettere errori più o meno gravi ...

Potremmo dire che il discernimento "si sviluppa usando il discernimento". E questa frase non esprime un paradosso, ma una verità poichè forse non vi è altra qualità nell'uomo, che abbia questa particolare caratteristica di svilupparsi, di accrescersi e di affinarsi con il semplice suo uso.

Riferimenti bibliografici up.jpg

  • 1. Max Heindel, La cosmogonia dei Rosacroce, pagg. 198-199.
    Edizioni del Cigno, Peschiera del Garda, (VR).
  • 2. Elaborato da: Guida alla conoscenza di sé, di Angela Maria La Sala Batà, pag. 26.
    Edizioni Nuova Era, Roma.
  • 3. R. Laquaniti, Autoconoscenza, pagg. 28-32,
  • 4. Ibid, pagg. 26-27
  • 5. Angela Maria La Sala Batà, Il Sentiero dell'aspirante spirituale, pagg. 78-79,
    Edizioni Nuova Era, Roma, 1984.
  • 6. Alice Bailey, Lettere sulla Meditazione Occulta, pag. 345.
    Edizioni Nuova Era.

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