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"MENTE SERENA" N. 14

Un percorso per conoscere se stessi e gli altri

Sommario percorso

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I GIOCHI PSICOLOGICI (1) up.jpg

Essere, o non essere, questo è il problema. Se sia più nobile per la mente soffrire per i colpi e le ferite del destino avverso, o armarsi per lottare contro un mare di guai e con la lotta annullarli per sempre? (Amleto, principe di Danimarca).

Il termine "gioco psicologico", nell'Analisi Transazionale, indica una serie di transazioni (messaggi solitamente verbali, n.d.r.), che finisce con almeno un giocatore che si sente male oppure offeso in qualche maniera. Un gioco psicologico, rappresenta a tutti gli effetti un modello ripetitivo di comportamento. Un individuo gioca lo stesso tipo di gioco molte volte e spesso per tutta la vita.

Un gioco, in definitiva, serve ad un individuo per poter continuare la sua raccolta di bollini di un certo tipo. Per continuare la sua raccolta egli può arrivare a manipolare gli altri in modo che essi lo offendano, lo prendano in giro, lo insultino, gli facciano paura, lo facciano sentire in colpa e così via. Per poter far questo provoca o invita gli altri a impersonare certi ruoli, al limite può anche immaginare che qualcun altro pensi che lui è stupido: in questo caso raccoglie un bollino falsificato.

Un individuo abituato a raccogliere bollini di depressione solitamente opera da una posizione esistenziale "Io non sono OK", e manipola gli altri giocando il ruolo della vittima. Non solo è assai permaloso ed è subito "toccato" dai commenti altrui, ma è anche capace di mettersi da solo nella condizione di essere offeso in modo da poter sentirsi depresso.

Una donna, abituata a raccogliere bollini di depressione, scoprì che quando aveva trascorso un giorno troppo brillante, poteva raccogliere qualche bollino di depressione telefonando a sua suocera. Un uomo raccoglieva bollini di depressione arrivando costantemente in ritardo alle riunioni, provocando così un commento negativo da parte dell'organizzatore. Più tardi, egli aveva modo di lagnarsi dicendo: "Quelle riunioni mi deprimono molto: riescono a rovinarmi tutta la giornata".

Chi inizia il gioco ha sempre il suo tornaconto (2) up.jpg

Ogni gioca porta a chi lo inizia un certo tornaconto e generalmente rappresenta la ripetizione di importanti situazioni incompiute del passato. Gary, George e Gem, per esempio, giocano esattamente lo stesso gioco: arrivano tardi quando sono invitati a cena e vengono criticati.

Gary si sente triste e dice a se stesso: "Gli altri si organizzano molto meglio di me", e: "Io non faccio mai niente bene".

George si arrabbia e dice dentro di sé: "Che razza di amici sono, sempre a criticarmi!", e: "Farei meglio a starmene per conto mio".

Gem è ansiosa e dice: "Penseranno che sono un disastro", e: "Mi confondo sempre... mi chiedo quale sarà la prossima volta che arriverò in ritardo!".

Tutti e tre, quando arrivano sul luogo dell'invito si scusano in mille modi ma, sotto alle parole che dicono vi è un messaggio segreto che dice: "Criticatemi!". Pertanto, se gli altri li criticano, il loro Bambino sarà soddisfatto in quanto ha avuto la conferma di quanto aveva deciso su se stesso.

Appare evidente che tutto ciò avviene al di fuori della portata della parte "Adulto" di ciascun giocatore. E' il loro Bambino che fa in modo che essi arrivino tardi agli appuntamenti, per poter collezionare ancora una volta i bollini preferiti, perciò non sono consapevoli del fatto che stanno ricreando nel presente delle scene che sono la ripetizione di situazioni del passato. Gary giocava lo stesso gioco con suo padre, Gem con sua madre, e George gioca il gioco che suo padre giocava con la moglie, sua madre.

Alcuni giochi psicologici (3) up.jpg

Una persona tenderà ad interpretare i ruoli dei vari giochi per riempire il tempo, attirare l'attenzione, ricevere o dare riconoscimenti e cercare, in fin dei conti, una verifica sul fatto di essere come gli hanno sempre detto di essere. Colui a cui è stato detto tante volte: "Sei forte." cercherà il verificare la sua forza, mentre quello a cui e stato detto: "Sei un buono a nulla." creerà delle situazioni per provare a se stesso di esserlo veramente.

E' molto importante comprendere il meccanismo che sta dietro ai giochi psicologici perché permette di conoscere i propri condizionamenti e quelli degli altri. Questa comprensione è il primo passo verso l'accettazione e l'amore.

Fondamentalmente questi giochi servono per:

  • rinforzare una posizione psicologica (benché possa essere irrazionale),
  • passare il tempo (benché possa essere buttato via),
  • ottenere dei riconoscimenti (benché possano essere negativi),
  • recitare il proprio ruolo (benché possa esserne distrutto),
  • trovare la giustificazione per meritare del risentimento,
  • trovare la giustificazione per portare del risentimento.

I giochi tendono a essere ripetuti, perciò le persone si ritrovano a dire, o fare, le stesse cose nello stesso modo, solo il giorno ed il luogo sono talvolta differenti.

I giochi possono essere giocati a diversi livelli di intensità: è possibile passare da un livello sociale rilassato ad un vero e proprio livello criminale sia esso di omicidio o di suicidio. Si arriva allora all'assalto criminale od alla violenza carnale.

E' interessante notare che le persone che usano questi giochi lo fanno in modo "inconsapevole" e tendono a scegliere il coniuge, gli amici ed i soci in affari, tra le persone in grado di giocare il ruolo complementare a quello interpretato da loro stesse.

La chiave perduta (2) up.jpg

Benché le regole dei giochi psicologici implichino almeno due giocatori, ciò non è strettamente necessario. Per esempio, nel gioco "ho perduto la chiave della macchina" è sufficiente un solo giocatore. Egli corre alla macchina mentre l'uragano sta per travolgerlo, e improvvisamente... panico! Le chiavi sono dentro c la portiera è chiusa a chiave. "Maledetto stupido", si dice il giocatore, "Fai sempre qualche stupidaggine!". Si sente arrabbiato e confuso, mentre continua a dirsi parolacce che provengono dal suo Genitore.

"Si... Ma però..." (3) up.jpg
p>Questo "gioco" è intrapreso dagli individui nella posizione esistenziale "Tu non sei ok". Essi chiedono un parere ma poi lo distruggono.

Mentre in superficie appare una transazione da Adulto ad Adulto (esempio: "Mi sento agitata, puoi darmi un consiglio?"), sotto sotto vi è un'altra transazione che parte dal Bambino del richiedente ed è diretta all'Adulto dell'interlocutore con lo scopo di distruggerlo, ovvero: "Ho un problema... Prova se sei capace di darmi una risposta!".

Tutte le soluzioni proposte dalla persona interpellata verranno perciò distrutte in un modo o nell'altro.

"Sgridami perchè sono cattivo" (3) up.jpg

In questo caso un giocatore mette l'altro in condizione di rimproverarlo al fine di dimostrare a se stesso la sua posizione "Io non sono Ok". Anche se non lo ammetterà, chi inizia il gioco tende ad attrarre le persone in grado di giocare il ruolo complementare. In altre parole lui, quale vittima, tenderà ad attirare dei persecutori.

Per esempio, un dipendente dice al capo ufficio: "Ieri sono stato qui fino ad ora tarda però non sono riuscito a finire il lavoro." (messaggio nascosto: "Sgridami perchè sono un buono a nulla e non ho fatto il lavoro in tempo").

Risponde il capo ufficio: "Mi spiace, cerca di finirlo per oggi altrimenti avremo dei guai seri". Messaggio nascosto: "Sei proprio un incapace."

"Fa' presto, metticela tutta" (3) up.jpg

Questo è il gioco di coloro che dicono sempre di sì ai superiori, restano in ufficio fino ad ora tarda e magari portano il lavoro a casa per poterlo finire.

In questo caso il giocatore agisce da super-man, poiché è sotto il condizionamento di un messaggio del tipo: "fai presto" che gli arriva dal suo Genitore. Egli cerca di sentirsi OK "facendo presto" ma, sotto, sotto, cerca di arrivare all'esaurimento in modo da potersi fermare senza provare sensi di colpa.

Le possibili variazioni di questo gioco sono: "La moglie che non ce la più", "Lo studente affannato", ecc.

"Vedi che cosa ho fatto per colpa tua?" (3) up.jpg

In questo caso il protagonista incolpa qualcun altro per qualcosa che ha fatto lui. Nel tempo, tale comportamento può generare dei complessi di colpa che portano l'altro protagonista ad allontanarsi. Questo è spesso il traguardo di questo gioco che tende a creare l'isolamento del giocatore.

Vi è comunque la tendenza di rafforzare una posizione esistenziale del tipo "Io sono ok, tu non sei ok" perchè il protagonista se ne guarda bene dall'assumersi la sua parte di responsabilità e dentro di lui si sente innocente e tranquillo.

La gamba di legno (3) up.jpg

Questo è un gioco che si presenta con moltissimi varianti. Vi appare comunque un fattore comune: il giocatore fa leva su una sua reale (o presunta) infermità onde ottenere un favore, dell'attenzione, o un briciolo di importanza. Esempio: "Vai a comprarmi il giornale, io purtroppo non posso, ho una gamba di legno."

Le malattie psicosomatiche possono essere ricondotte a questo gioco in quanto, seppur a livello inconscio, sono state instaurate per ottenere qualcosa. Ciò solitamente accade nella prima infanzia quando la mamma, solitamente indaffarata, trova qualche ora per giocare con il suo bambino che giace nel lettino ammalato. E' ovvio che a livello inconscio il bimbo registrerà un messaggio del tipo: "Quando ho questa malattia la mamma mi vuole più bene."

Questa registrazione tenderà a far riaffiorare la malattia stessa ogni volta che la persona, anche in età matura, avvertirà una carenza affettiva. A titolo informativo ricordiamo che le malattie psicosomatiche assommano a circa l'80 per cento di quelle esistenti.

Come si terminano i giochi psicologici up.jpg

Affinchè la pessima abitudine di "giocare" possa essere sradicata è necessario che una persona diventi consapevole dei giochi che essa generalmente inizia e del suo ruolo nei medesimi.

Considerando che i giochi tendono a rafforzare una posizione "Io non sono ok", e sono perciò rivolti ad attirare dei riconoscimenti negativi, appare ovvio che l'unico modo di eliminarli è quello di imparare a DARE e RICEVERE dei riconoscimenti positivi. In questo modo avremo la possibilità di rinforzare i nostri lati migliori e di realizzarci nel vero senso della parola.

Dovremmo, un pochino al giorno, cercare di sviluppare la nostra vera personalità e non recitare dei copioni imposti da condizionamenti avvenuti nei primi anni di vita. A questo proposito viene suggerito di osservare noi stessi e gli altri e, quando ci si accorge di agire come "vittima", "persecutore" o "salvatore" da una posizione "Io non sono Ok" o "Tu non sei Ok", è bene compiere le azioni opportune per far cessare la "recita" immediatamente.

Sono utili, a questo proposito, le regole seguenti:

  • Dare all'interlocutore una risposta inaspettata.
  • Non accentuare più la propria forza o la propria debolezza.
  • Non accentuare più la forza o la debolezza degli altri.
  • Imparare a dare, e ricevere, dei riconoscimenti positivi.
  • Pianificare il proprio tempo in modo che contempli delle attività costruttive, intelligenti o divertenti.
  • Cessare di giocare il ruolo del salvatore con coloro che non desiderano essere salvati.
  • Cessare di fare il persecutore con coloro che non lo meritano.
  • Cessare di fare la vittima, facendo "il poverino" che ha bisogno di aiuto, quando si è in grado di reggersi sulle proprie gambe.

Esercizio pratico up.jpg

Se ti sei reso conto di giocare qualche gioco, iniziane uno che hai giocato molte volte e poi vedi di fermarlo prima che giunga al suo termine. Fallo con diversi giochi a te familiari fintanto che sei diventato consapevole dei tuoi condizionamenti. A questo punto ne sarai libero.

Riferimenti bibliografici up.jpg

  • 1. James & Jongeward, Born to win, pag. 192,
    Addison-Wesley Publishing Company, Reading, Massachusetts, USA, 1973.
  • 2. Tratto da: Il Cambiamento di vita nella Terapia ridecisionale, pagg. 36-37. Autori Mary McClure Goulding & Robert Goulding,
    Astrolabio Editore, Roma, 1983.
  • 3. Tratto da: A che gioco giochiamo, di E. Berne.
    Edizioni Bompiani, Milano, 1982.

Per esercizi pratici ed approfondimento up.jpg

  • James & Jongeward, Nati per vincere,
    Edizioni Paoline, Roma, 1982.

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